Questa settimana vi presento Lucilla Rizzini di Ellecubica.it, che si occupa di Internazionalizzazione come coach e consulente
Ci spiega come lei trovi fondamentali l’integrità e l’intento di una persona a cui delegare e come la delega la faccia stare bene
Krisztina Fekecs: Come ti presenti?
Lucilla Rizzini: Mi occupo di Internazionalizzazione da più di 20 anni , la mia missione è aiutare imprenditori, manager e liberi professionisti a realizzare le loro potenzialità in un contesto interculturale e internazionale. Lo faccio tramite attività di coaching, consulenza e formazione ad impronta interculturale. Il mio sito ellecubica.it da un ampio spazio di approfondimento sulle mie attività.
Fino al 2011 ero direttore vendite in un azienda , ma ne ho girate varie, che andavano dalla produzione di prodotti casalinghi ad attrezzature food equipment, dalla meccanica generale alla subfornitura. Poi nel 2010 ho maturato la decisione di mettermi in proprio perché sentivo di avere le ali tarpate.
Nel periodo antecedente, tra un viaggio e l’altro per il mondo, avevo realizzato che mi mancavano competenze di comunicazione interculturale ed ho quindi, tra il 2007 ed il 2009 frequentato un master sulla comunicazione interculturale e la gestione dei conflitti. Una volta libera professionista ho approfondito gli strumenti del coaching divenendo coach professionista.
Ho acquisito molta consapevolezza che in quell’ultima specifica posizione sentivo di avere le ali tarpate e ho deciso di abbandonare anche per stanchezza fisica e mentale. Tuttavia amavo tantissimo il mio lavoro occupandomi di relazioni internazionali e sviluppo del business a 360°.
Quindi ho iniziato come consulente per le PMI, in ambito di internazionalizzazione, se non che l’attività di coaching che parallelamente avevo iniziato a spingere ha cominciato a prendere una sua strada. Infatti, in questo momento mi occupo di coaching a 360°, avendo dei progetti miei come l’export coaching, che presenterò a breve in un workshop evento. Poi offro il servizio di coaching, mentoring e della formazione e consulenza a imprenditori e professionisti che abbiano bisogno di creare delle competenze o potenziare dei punti di miglioramento.
Temi quali la gestione del tempo, la comunicazione interculturale, il public speaking, le presentazioni efficaci e il personal branding, argomenti che tratto in sessioni individuali o di gruppo con le persone che decidono di lavorare con me.
KF: Sei l’unica a fare coaching su questa materia?
Lucilla Rizzini: Nell’export direi di si. Sono la prima che ha unito queste due competenze. D’altronde non ci si può improvvisare visto un’ esperienza ventennale nell’export e la tanta formazione che ho intrapreso negli ultimi anni per fare coaching. Ho studiato tantissimo di comunicazione interculturale e coaching.
Tutti gli argomenti e i percorsi che ho trattato in qualche modo hanno una lettura interculturale, oramai siamo in un mondo interconnesso e interculturale, dove c’è scambio di culture tra persone che lavorano o stanno insieme e viaggiano molto più di prima.
KF: Questo è un momento in cui c’è sovrabbondanza di offerta di coaching ma devo dire che non conoscevo i temi che tratti ed è la prima volta che sento un coach che li affronti.
Lucilla Rizzini: Si, oramai tutti si offrono come coach. Ma credo che l’attitudine personale in primis e la formazione seria e duratura poi facciano la differenza. La consapevolezza di sapere se il servizio che do risolve un mio problema, un mio bisogno o quello degli altri è fondamentale. Il coach autentico si focalizza sempre sull’altro.
KF: Come alcuni life coach….che magari si improvvisano coach solo dopo aver intrapreso nuove strade nella propria vita o dopo aver risolto un loro problema.
Lucilla Rizzini: Sì, i life coach sfiorano, a volte, la branca della psicoterapia, dove è difficile stabilire il confine tra drammi/traumi e i problemi di miglioramento personale. Il ruolo del coach è stare sul gap, non sulla carenza ma sul rafforzamento dei punti di forza. “Io sono in questo modo e voglio tras-formarmi in quest’altro” .
KF: Da quando sei diventata indipendente com’è strutturata la tua attività? Eri da sola all’inizio? Ora ci sono attività che non gestisci più tu?
Lucilla Rizzini: Ho iniziato nel 2011 collaborando con un’amica già freelance e attiva nell’ambito dell’internazionalizzazione, con cui mi sono divisa da subito i compiti su quello che era un progetto di sviluppo sulle PMI locali. Facevo un po’ tutto, non avevo sito internet, lavoravo sul passaparola, senza ufficio, recandomi direttamente nelle aziende e dai clienti. Come una qualsiasi freelance che ha appena iniziato.
Il grande salto l’ho fatto nel 2013, con il primo diploma in coaching. Lavorando sul personal branding, mi son fatta aiutare da un’agenzia di comunicazione. Ho lavorato proprio sul mio logo, scoprendo il tema in aspetti a me sconosciuti. E’ stato un lavoro particolare e difficile perché ho toccato cose di me che volevo e non volevo dire.
Perché si chiama infatti Ellecubica? Perché sono le mie iniziali, sono le tre elle che ho sul codice fiscale e perché è come mi firmavo e mi firmo tuttora nelle mail con i miei clienti. Erano gli stessi clienti italiani che mi chiamavano Ellecubica. E poi è anche un mio credo ,Life Long Learning.
Poi nel 2013 ho organizzato una presentazione del coaching su Brescia, ed è stato più difficile. Due amiche mi hanno aiutata nella gestione della sala per 150 persone. La campagna sui social, intrapresa da sola , è stata per me traumatica.
Da quel momento in poi non ho lavorato più da casa e mi sono appoggiata ad un coworking locale con l’obiettivo di creare delle sinergie. Infatti, dentro questo coworking ho iniziato a organizzare dei corsi di lab coaching, dove persone con obiettivi diversi potevano confrontarsi grazie alla mia facilitazione. In quella fase avevo un’agenzia che mi aiutava per i post sui social e per le newsletters; mi appoggiavo al coworking e poi avevo un commercialista per le cose amministrative.
KF: L’agenzia curava la parte web e la parte comunicativa tranne i contenuti ?
Lucilla Rizzini: Sì, io facevo i contenuti e sceglievo le immagini e loro preparavano i post e le newsletters.
KF: come è continuata e evoluta la tua attività? Hai delegato qualcosa in più?
Lucilla Rizzini: nel 2015 decido di dividere le due attività principali, quindi Lucilla Rizzini coaching e training per tutti ed Ellecubica export come attività più mirata.
Dopo anni di attività un freelance sviluppa la consapevolezza che, ad un certo punto, deve mollare qualcosa, che poi magari riprenderà. Perché se si è da soli si rischia di perdere la concentrazione sulle attività più importanti per raggiungere l’obiettivo di medio e lungo periodo. E come coach sapevo e so bene quale è il mio obiettivo nel lungo periodo!
Detto questo sono ho quindi deciso si avere l’agenzia sulla prima attività e una ragazza che mi aiutava sulla seconda, con due siti diversi tuttora.
Il grande salto è stato nel corso del 2016, in cui come da piano d’azione legato al mio obiettivo di lungo periodo, ho iniziato a puntare sull’export coaching.
Ora ho un team di persone che mi stanno supportando nel lancio del progetto che sarà il 7 di aprile con il titolo “Do you speak export?”. Ho una event manager che cura l’evento, una correlatrice che fa un intervento mirato di marketing, un business coach personale ed un ufficio stampa.
Nel frattempo, all’inizio del 2016 ho preso un ufficio mio lasciando il coworking; ho fatto campagne su Facebook, assistita da un media-marketing e ho collaborato con un assistente virtuale come te per seguire alcune aziende in un percorso di internazionalizzazione, facendo fare a lei la parte commerciale più esecutiva. Ci sono poi altre persone che ruotano attorno ai miei progetti come il mio coach personale, amico e collega, family business coach Maurizio che interviene nei percorsi di convivenza o passaggio generazionale.
In generale quindi non ho problemi a delegare, ho tendenza a fidarmi tanto, anche a costo di rischi e di dare suggerimenti e consigli senza un ritorno personale o senza essere citata. D’altronde alla base della capacità di delega c’è la fiducia.
KF: L’aspetto della delega lo hai affrontato nel coaching durante l’argomento della gestione del tempo?
Lucilla Rizzini: Sempre. Ognuno di noi ha degli ostacoli nella gestione del tempo. All’inizio del percorso propongo sempre una scheda di autovalutazione; ne emerge sempre fortemente l’incapacità di dire di no quando ci viene richiesto di fare un compito, che non ci compete, o che comunque in una scala da 1 a 10, magari ci compete 4 e a cui non si è capaci di dire di no. L’altro aspetto è l’incapacità di delegare, mancando la fiducia. Che va da persona a persona. Se mi manca l’integrità, mi manca l’intento, se vedo che non ci sono le abilità o che non mi si porta risultati tangibili faccio fatica a delegare.
KF: Quando hai delegato la primissima volta, nel caso dell’agenzia ad esempio, come ti sentivi? Avevi già elaborato l’argomento?
Lucilla Rizzini: Delego senza indugio alcuno sebbene tenga per me le cose che amo di più e dove mi sento più competente. Tendo a fidarmi delle persone, vado molto sull’integrità e sull’intento e se poi a pelle la persona mi piace e ne condivido la visione e i valori, senza la variabile del tempo stringente, tendo a pensare che troverà le capacità e le abilità per fare. Io di tutti i professionisti con cui ho lavorato non sono stata delusa da nessuno, tendendo a non avere aspettative immense, senza manie di perfezionismo che insieme all’entusiasmo e alle stesse aspettative uccide la possibilità di delegare.
Essendo coach non ho problemi a definire degli obiettivi e quindi li chiarisco all’inizio in maniera molto specifica. Anche se ambiziosi devono essere sempre realizzabili. Dando dei meta obiettivi intermedi riesco senza problemi a delegare.
KF: Avevi / hai una procedura tua per la delega?
Lucilla Rizzini: Ti faccio l’esempio dell’organizzazione dell’evento e proprio dell’event manager. Avendo partecipato a un corso organizzato da lei e avendo seguito tutta le modalità di presentazione del corso , ho apprezzato tutto lo storytelling che c’era dietro. Quando ci siamo incontrate le ho detto quello che volevo, ma da subito ho sentito il suo parere perché mi piace ascoltare la persona che ho di fronte che reputo più competente di me nel suo ambito. Quindi accolgo i consigli, ascolto e tendo a seguirli senza problemi.
Chiarisco subito il mio obiettivo e poi ascolto e mi faccio dirigere nelle soluzioni da trovare insieme. Ad esempio mai avrei pensato di cercare degli sponsor; non volendo fare cassa ma solo creare visibilità non arrivavo a pensare ad una tale modalità. Quando mi ha detto di cercare degli sponsor e mi ha dato degli input per capire chi potessero essere è stata poi una soddisfazione incredibile trovare subito disponibilità nel momento in cui ho contattato queste aziende.
KF: La persona quindi oltre che simile a te deve essere una persona creativa e propositiva dato che vuoi suggerimenti da lei.
Lucilla Rizzini: Assolutamente si, voglio anche il confronto continuativo. Per il workshop abbiamo fatto modifiche insieme all’event manager decidendo di volta in volta le modalità che potessero essere più congeniali. In definitiva c’è una delega di responsabilità e al contempo mi piace tenere il confronto attivo.
KF: Come gestisci la comunicazione in queste collaborazioni?
Lucilla Rizzini: In questo momento ho persone vicine e ci teniamo in contatto con email , messaggi e Whatsapp e poi incontrandoci. Ma è stato un caso che abbia persone del posto vicine a me.
KF: Fai parte di qualche network?
Lucilla Rizzini: Sì faccio parte di un network che c’è su Brescia e altre città come EWMD, European Women’s Development Management e poi ce n’è un altro che abbiamo creato con una persona che si occupa di consulenza di immagine, che si chiama Intrecci Femminili, un network di donne in cui organizziamo workshop dove la professionista mette a disposizione le proprie competenze per creare sinergie tra le partecipanti. E devo dire che si sono create delle buone dinamiche e anche delle amicizie.
KF: Che bilancio hai fatto dopo la prima delega?
Lucilla Rizzini: Il bilancio è stato positivo. Anche perché non avendo aspettative particolarmente alte , chiarendo molto bene cosa mi aspettassi e avendo buone doti di empatia è andato tutto bene.
Anche quando l’obiettivo non è stato raggiunto su un determinato progetto per il quale avevo delegato a un consulente una campagna su Facebook non mi sono focalizzata sull’insuccesso ma sui lati di miglioramento.
KF: In termini di tempo hai guadagnato sicuramente tanto; e in termini di soldi?
Lucilla Rizzini: Direi a grandi linee che un 20% in più in termini di clienti l’ho guadagnato. Certo i contatti vanno coltivati e hanno bisogno di saper essere gestiti. Ho avuto ad esempio un contatto nato nel 2014 ma diventato effettivo cliente nel 2016. Le persone che diventano clienti fidati e ti mandano altri clienti sono quelli che richiedono più tempo all’inizio anche per sconfiggere lo scetticismo iniziale. Vale poi molto il “prima dai, poi ricevi”. Come per esempio nel network Intrecci Femminili, per l’8 di marzo, ho regalato un e-book di un corso sull’ autostima femminile in ambito personale e professionale.
KF: Sei riuscita a stabilire una procedura per la delega per future collaborazioni?
Lucilla Rizzini: No, non ci ho mai pensato. Per ora non ho mai praticato metodi particolari per la ricerca di collaboratori, sto sui valori, sull’integrità e sugli intenti. Ad esempio recentemente ho delegato la parte fotografica e dei video del mio sito a una ragazza senza risultati tangibili, che sta finendo la scuola d’arte, ma che mi ha convinto e sorpreso per la sua professionalità e creatività.
In generale le competenze le vedo , le mie doti di coach mi facilitano sicuramente, alcune volte non mi rendo neanche conto. Mi viene riconosciuto un talento naturale nell’individuare i punti di forza delle persone.
KF: La delega ti ha cambiato la vita e come ti fa sentire?
Lucilla Rizzini: Sì. La delega l’ho praticata anche nei precedenti lavori, dove ho avuto anche 8 persone insieme come collaboratrici interne più lo staff esterno. Ho sempre avuto un buon approccio e l’ho fatto sempre tranquillamente. La figura di coach forse l’ho sempre interpretata , perché son stata educata a osservare e ascoltare e mi piace molto tirar fuori il meglio dalle persone.
La delega comunque mi fa sentire bene, non c’è dubbio, perché, anche se c’è confronto continuo con i collaboratori, non devo occuparmi direttamente degli argomenti che lascio svolgere a loro. Mi fa sentire bene anche vedere che la persona cui delego riesce nell’obiettivo; questo forse fa parte del mio essere coach in cui vedo il riscontro del mio affidarmi alle persone in cui ho creduto e che ho guidato.
Poi mi fa sentire anche importante, perché quando deleghi e la persona ti porta i risultati, questo ti fa sentire importante. E’ la mia parte di ego buono che fa capolino e gli do spazio volentieri.
KF: C’è qualcosa che cambieresti nell’uso della delega?
Lucilla Rizzini: L’unica cosa potrebbe essere all’inizio nel chiedere maggiori riscontri sugli obiettivi dati ai collaboratori. Se non chiedi il riscontro ad esempio sui tempi stabiliti magari ci può essere fraintendimento e delusione.
KF: Qual’ è il punto critico nella gestione della delega?
Lucilla Rizzini: Direi che è l’incapacità di non sapersi affidare completamente. Quando non si riesce a delegare ci si dovrebbe fare una domanda e chiedersi quale dei quattro driver di Covey sulla fiducia ci impedisce di delegare e poi agire di conseguenza.
KF: Cosa consiglieresti a una persona che sta valutano se sperimentare la delega?
Lucilla Rizzini: Quali sono i driver più importanti per lei a livello personale e professionale, cosa ci fa dire “di te mi fido” o “di te non mi fido”, “perché non vedo in te le competenze” o per altro.
Questo potrebbe essere un suggerimento: prima faccio una sorta di scheda del collaboratore ideale, che caratteristiche dovrebbe avere per un tipo specifico di progetto, quali integrità, intenti, competenze e risultati; all’interno di questi driver metto le mie risposte e poi vado a cercare la piattaforma e il luogo ideale dove cercare.
KF: Eventuali domande e reazioni da parte dei partecipanti ai tuoi coaching?
Lucilla Rizzini: Direi sicuramente l’incapacità a lasciare andare: le persone tendono a tenere per se le attività che preferiscono ma che sono anche le più facili e che potrebbe fare un’altra persona che sta magari aspettando di aiutarti e collaborare con te, ma tu non la deleghi, perché a te piace tanto fare quelle attività, magari banali, restando così nella tua zona di comfort.
E alla fine le attività più rognose restano lì all’ultimo, secondo la matrice di Eisenhower, che ciò che è importante, se non curato, poi diventa urgente.
Perché ci trastulliamo, all’interno delle aree bianche o gialle del non urgente e del non importante, facendo le attività che ci piacciono tanto e senza delegarne alcuna. E le rogne? A quelle raramente ci dedichiamo da subito. Et voilà che scivolano nella casella rossa e suona l’allarme!
Per me quest’aspetto unito all’incapacità di delega per mancanza di fiducia diventano gli ostacoli maggiori alla gestione della delega.
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