Questa settimana vi presento Alberto Cabas Vidani, di Fotocomefare.it, imprenditore digitale a tempo pieno
Ci dice come la possibilità di delegare è stata uno dei motivi per cui ha cominciato la sua avventura imprenditoriale
Krisztina Fekecs: Ti presenti con qualche parola?
Alberto Cabas Vidani: Mi chiamo Alberto Cabas Vidani, vivo in provincia di Gorizia, all’estremo nord est dell’Italia.
Il computer è stato una delle mie più prime passioni. Così ho studiato informatica all’università. Affascinato dal lavoro di ricerca per la tesi, ho intrapreso un dottorato subito dopo la laurea.
Durante il dottorato ho capito che non riuscivo a lavorare “sotto” qualcuno. Avevo bisogno di essere indipendente e di poter progettare la mia vita come volevo.
Un libro mi ha aiutato a raggiungere questa consapevolezza: “4 ore alla settimana”. Grazie a questo libro ho scoperto l’imprenditoria, ma soprattutto come usare le nuove opportunità fornite dal web per creare un business a misura d’uomo.
Continuando a documentarmi e studiare ho scoperto il blogging professionistico. Vista la mia attitudine a spiegare e insegnare mi è sembrato la strada più indicata per creare un business online. Così ho lanciato un blog sulla fotografia: FotoComeFare.com. Mentre lo facevo crescere mi documentavo ascoltando numerosi podcast con interviste ad imprenditori. Nel 2014 avevo ormai maturato l’idea di fare qualcosa del genere in Italia.
Samuele Onelia mi ha battuto sul tempo, veramente di pochi mesi. Così gli ho proposto di unire le forze. Da allora sono diventato suo partner nel progetto ItalianIndie. Ora dedico a questo progetto la gran parte del mio tempo.
KF: Da quanto tempo svolgi la tua attività?
ACV: Ho aperto FotoComeFare ad ottobre 2010. Nel primo periodo continuavo anche il dottorato. Dal 2012 sono un imprenditore digitale a tempo pieno.
KF: Come è cambiata nel tempo la tua struttura/gestione?
ACV: All’inizio ero solo, solissimo. Avendo pochi introiti non potevo permettermi collaboratori. Inoltre, sapevo fare un po’ tutto, anche grafica e sviluppo. Un motivo in meno per delegare.
Però, grazie a “4 ore alla settimana”, conoscevo bene le potenzialità dell’outsourcing. Quando i ricavi hanno cominciato ad aumentare, ho cominciato a fare esperimenti.Da quel momento in poi per FotoComeFare ho assunto assistenti virtuali, autori, sviluppatori, designer e tecnici di vario tipo. Per designer e sviluppatori ho sempre scelto soluzioni a progetto. Non ne ho bisogno regolarmente.
Ora che sono concentrato principalmente su ItalianIndie.com, su FotoComeFare ho ridotto i collaboratori ad un’assistente virtuale e ad un autore e social media manager. La prima si occupa dell’email e dell’assistenza clienti. In passato faceva anche la contabilità. Il secondo scrive tutti gli articoli e li promuove sui social media.
Su ItalianIndie, la situazione è simile. Abbiamo un collaboratore regolare che fa alcune attività di design e l’editing finale di post ed episodi del podcast.Abbiamo trovato un bravo sviluppatore che ci aiuta sporadicamente quando abbiamo bisogno di qualche piccolo intervento sul sito. Poi c’è un ragazzo che fa l’università e fa più o meno l’assistente virtuale. Gli assegniamo lavori misti che non richiedono competenze tecniche o specializzate.
KF: Quando e perché hai pensato la prima volta a delegare?
ACV: Lo accennavo sopra. In realtà la possibilità di delegare è stata uno dei motivi per cui ho cominciato la mia avventura imprenditoriale. Trovando le persone giuste moltiplichi le tue possibilità e puoi dedicarti alle mansioni in cui aggiungi valore vero.
Quindi per certi versi ci ho sempre pensato. Per cominciare a farlo ho aspettato però di avere il budget. A quel punto c’era ancora un solo ostacolo: dovevo individuare cosa delegare e preparare delle procedure chiare perché il lavoro venisse fatto a dovere.
Quando mi sono preso il tempo per farlo, sono partito.
KF: Come ti sentivi?
ACV: Quando hai un blog e un business online le cose da fare sono un milione. All’inizio è anche difficile capire le priorità. Quindi ti sembra che tutto serva e fai molto di più del necessario.
Ora sono molto più bravo ad evitare lavori inutili. Ma all’inizio ci ho messo poco a sovraccaricarmi. Scrivevo, facevo marketing sui social media, testavo continuamente cambiamenti sul sito, lo aggiustavo quando si bloccava per qualche errore che avevo commesso, rispondevo a email e commenti, ecc.
Lavoravo continuamente e sentivo veramente il peso di tutto sulle mie spalle. Inoltre, ovviamente non riuscivo a fare tutto quello che volevo, perché non ero sufficiente.
KF: Come hai affrontato la prima esperienza? Eri scettico o fiducioso?
ACV: Ero molto fiducioso. Avevo letto tantissimo sull’outsourcing (solo in inglese). Non vedevo l’ora di moltiplicare le mie possibilità come avevo visto fare oltreoceano.
KF: Avevi un piano per la procedura della delega?
ACV: Da prima di cominciare conoscevo l’importanza di dare istruzioni chiare. Quindi, a partire dagli annunci di lavoro, ho sempre cercato di essere il più chiaro possibile.
In realtà c’è voluto un bel po’ per capire come scrivere bene annunci e procedure. Una persona che non fa parte del tuo progetto e non lavora con te quotidianamente può interpretare le tue istruzioni nei modi più sbagliati. Devi essere estremamente dettagliato e non dare nulla per scontato.
KF: Come hai scelto le attività da delegare?
ACV: All’inizio sapevo che avrei trovato delle difficoltà. Inoltre non avevo il budget per pagare freelancer specializzati in attività più complesse.
Perciò ho individuato le attività con queste caratteristiche:
- facendole io non creavo nessun valore aggiunto,
- chiunque poteva farle con la giusta serie di istruzioni,
- il costo orario era basso.
KF: Come hai gestito la comunicazione?
ACV: In genere mi sono appoggiato a marketplace come Odesk (ora Upwork). Quindi la comunicazione in genere avviene attraverso i messaggi all’interno del marketplace.
Raramente ho usato Skype per comunicazioni più complesse. Per le collaborazioni più lunghe ho usato e uso attualmente Trello. Ogni attività ha la sua scheda in Trello e le discussioni su quell’attività sono commenti alla scheda.
Evito il più possibile l’email. L’ho usata molto di rado con i miei collaboratori.
KF: Come hai reinvestito il tempo recuperato? Lo hai fatto su attività che ti portano più guadagno e semplicemente per “vivere” di più?
ACV: Visto che comunque il business aveva ancora molto spazio per crescere, ho reinvestito in attività che creavano valore aggiunto.
Anzi, ne ho fatto proprio una regola: delegare le attività che danno meno valore per avere più tempo da dedicare ad attività che generano guadagni.
KF: Sei riuscito a stabilire una procedura per la delega? Solo per le attività delegate? Oltre a Trello usi altri tool di project management o di comunicazione? Come gestisci il controllo?
ACV: Sia su FotoComeFare che su ItalianIndie ho creato una discreta mole di documenti con le procedure. Ho descritto accuratamente tutte le attività ricorrenti.
La regola è che, se un’attività viene ripetuta per tre volte, allora è il caso di documentarla. Creo la procedura anche prima di dover delegare. Avere una lista dei passi da eseguire rende più spedita l’esecuzione anche da parte mia.
Per la stesura delle procedure ho seguito l’esempio del libro Work The System.
In quanto agli strumenti, per la gestione dei progetti non uso nulla oltre a Trello. Per la comunicazione, su ItalianIndie abbiamo Slack. Su FotoComeFare mi limito a email e Skype per i collaboratori di più lungo termine, che sono ridotti a due. Quando invece delego un progetto una tantum, uso i messaggi di Upwork o della piattaforma attraverso cui assumo.
KF: Come scegli la persona?
ACV: Come dicevo, uso principalmente marketplace come UpWork. Quindi ogni volta che cerco una nuova persona, pubblico un progetto e ricevo diverse candidature.
Per valutare le candidature, prima di tutto guardo cosa hanno scritto. Alcuni freelancer si limitano ad incollare un testo preconfezionato nella loro candidatura. In genere li scarto senza nemmeno leggere.Poi leggo le candidature che rimangono. Alcune dimostrano di non aver capito il lavoro e le scarto. A questo punto di solito ne rimangono poche.Qualcuno fa domande aggiuntive sui dettagli del progetto. Qualcuno abbozza già una soluzione. Questi sono sempre i candidati migliori.
In genere li ricontatto con un messaggio. C’è sempre qualcosa da chiedere. Così valuto la velocità e la qualità della comunicazione.Prima di ricontattarli però do un’occhiata al prezzo. Ogni progetto ha un budget indicativo. Di solito mi tengo basso cercando di essere ragionevole.Ricevo sempre qualche candidatura con prezzo molto più elevato del budget e qualche altra assurdamente bassa. Di solito elimino entrambi gli estremi.Quelli più costosi per ovvi motivi. Quelli più economici perché di solito, quando è troppo bello per essere vero, è effettivamente troppo bello per essere vero.
Ho lavorato con freelancer estremamente economici e ci sono sempre stati problemi: il lavoro non era di qualità, non avevano nessuna indipendenza (erano meri esecutori), comunicavano male o addirittura sparivano.
KF: Quale è la caratteristica di un collaboratore più importante per te?
ACV: Mi piace quando il freelancer sa essere indipendente. Per risparmiare il più possibile ho lavorato con persone che si limitavano ad eseguire. Ho dovuto fornire procedure precise al millimetro e loro si limitavano ad eseguirle passo passo senza pensare a ciò che facevano.
Alzando un po’ il budget invece ho trovato persone che sapevano contribuire attivamente. Vale anche solo per le attività amministrative. Un’assistente virtuale proattiva sa ad esempio segnalare se c’è un problema ricorrente con i clienti. Può rivelare in questo modo una falla nei tuoi processi o nei prodotti che poteva passare inosservata.
KF: Come ti ha cambiato la vita /la tua attività la delega?
ACV: Il primo effetto, quello più evidente, è sicuramente la diminuzione dello stress. Quando le cose funzionano, sai che l’attività va avanti senza di te (almeno in parte). Sai anche che di alcuni aspetti non devi proprio preoccuparti. Così hai più tempo ed energie da dedicare alle attività a valore aggiunto.
Riguardo a FotoComeFare, c’è anche un effetto macroscopico. Ho lavorato parallelamente per ridurre le cose da fare (senza intaccare il traffico) e delegare in maniera efficace. Così ora posso dedicarci 1-2 ore alla settimana senza temere che smetta di funzionare.
KF: C’è un dettaglio che gestiresti diversamente se potessi tornare indietro?
ACV: C’è un errore subdolo che ho fatto più spesso di quanto vorrei ammettere. Ho delegato prima di eliminare.
La prima fase nell’ottimizzazione dei processi dovrebbe sempre consistere nel rimuovere tutte le cose superflue. Poi deleghi solo quello che rimane.
Altrimenti deleghi cose che non servono e butti via soldi. Inoltre, butti via tempo per scrivere le procedure necessarie a fare cose inutili e a trovare le persone giuste per farle.
KF: Che cosa consiglieresti a una persona che sta valutando di iniziare a sperimentare la delega?
ACV: Lo trovi scritto in tutti i libri e blog, ma alla fine rimane lo scoglio su cui tutti si arenano: anche se sai fare qualcosa e stai relativamente poco per farlo, non vuol dire che devi farlo tu.
Quindi il consiglio principale per me è di mettere da parte la tirchieria e individuare il prima possibile qualcosa da delegare. Le candidate migliori sono le attività senza valore aggiunto che si ripetono regolarmente, anche se portano via poco tempo in totale.
Un buon esempio è la contabilità. Cosa ne guadagna l’azienda se sei tu a fare la contabilità?
Però magari sei agli inizi e fare la contabilità ti porta via solo un paio d’ore al mese. Quindi continui a farla tu. Devi ribaltare il ragionamento: cosa potresti fare con quelle due ore?
Ad esempio scrivere un post che porti più traffico al sito. Oppure creare parte di un prodotto. O semplicemente riposare per prendere decisioni migliori il giorno dopo.
KF: Cosa pensi della fiducia?
ACV: Posso dire con certezza che in giro c’è molta meno gente pronta a fregarci rispetto a quanto tutti temiamo. Quindi, di partenza fidati dei collaboratori che trovi. Rende tutto molto più facile.
Detto questo, non serve calare le braghe. Aumenta gradualmente la fiducia verso ogni collaboratore. Parti con lavori semplici e non critici. All’inizio fai frequenti verifiche sui risultati, sul modo di comunicare e di lavorare.
Man mano assegna lavori più complessi e più importanti. Più cresce la fiducia più puoi ridurre la frequenza dei “controlli”.
KF: Quale è stato un punto critico della collaborazione? In generale con le attività delegate. Mi sembra di capire che oltre alla non affidabilità delle persone con tariffe troppo basse il problema più ricorrente era la poca propositività, me lo confermi? Se no, qual’è il problema più frequente? Hai trovato una soluzione “standard”?
ACV: Sì, posso dire che il problema più frequente è la scarsa indipendenza. Devo ammettere però che si verifica soprattutto quando le tariffe proposte sono basse.
Per questo problema specifico quindi non ho trovato una “soluzione”. Più che altro so che, se voglio pagare veramente poco, troverò solamente un mero esecutore. Se invece ho bisogno di qualcuno con spirito di iniziativa, e le competenze che lo supportino, devo alzare il budget.
Per fortuna conosco bene l’inglese. Ciò mi permette di assumere persone dall’Est Europa o dall’estremo oriente. In questi Paesi non è difficile trovare freelancer qualificati con tariffe decisamente vantaggiose, anche se non estremamente basse.
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