Quando non serve l’Assistente Virtuale
Sul mio blog ho parlato spesso dell’Assistente Virtuale. Ho sempre cercato di far capire quanto sia importante questa figura e come può aiutare in diversi contesti lavorativi.
Ma adesso è il momento di rovesciare la medaglia!
In questo articolo vedremo quando è bene non collaborare con l’Assistente Virtuale per evitare di andare incontro a delusioni.
Eh sì, hai capito bene: in alcuni casi è meglio non avvalersi dei servizi di questa (o questo) professionista.
Lascia che ti spieghi meglio nei prossimi paragrafi.
COSA PENSANO LE PERSONE CHE NON HANNO BISOGNO DELL’ASSISTENTE VIRTUALE?
Le persone che non possono collaborare con l’Assistente Virtuale hanno delle convinzioni ben radicate nella mente. Sono convinzioni in cui possiamo inciampare tutti, quindi è meglio saperle riconoscere e affrontare.
La prima è quella di poter fare tutto da sole/i. Spesso pensiamo di non aver bisogno di un aiuto esterno, che possiamo (e dobbiamo!) avvalerci solo delle nostre forze e soprattutto delle nostre conoscenze. Crediamo di conoscere solo noi il modo giusto per svolgere precisi compiti.
Un’altra convinzione molto diffusa è quella di non poterci fidare degli altri. Non riusciamo a delegare perché pensiamo che i nostri collaboratori ci tradiranno sul più bello o nei momenti più difficili.
Una terza convinzione è quella, come dice il proverbio, del “chi fa da se fa per tre”. Questo pensiero è tipico all’inizio di una collaborazione, quando deve ancora carburare e dare dei risultati concreti. Pensiamo che ogni attività parta meglio se la svolgiamo in prima persona perché solo noi sappiamo come farla.
Queste convinzioni non ci permettono di delegare e questo è un gran problema. Ci portano infatti ad accumulare stanchezza e a rimanere senza tempo sufficiente per tutte le attività.
COSA SUCCEDE A CHI NON RIESCE A DELEGARE?
Se è vero che chi ha queste convinzioni non dovrebbe collaborare con l’Assistente Virtuale, è altrettanto vero che non riuscire a delegare condiziona il nostro lavoro e non solo.
Innanzitutto il business si blocca: il tempo per poter far tutto da soli si accorcia invece di aumentare.
Così si creano ritardi e blocchi tali da compromettere non solo l’intero processo di lavoro ma neanche la parte più strategica dell’attività che, chiaramente, in momenti di pressione o urgenza viene messa da parte per seguire la contingenza.
Di conseguenza nemmeno il fatturato crescerà, creando squilibri per il futuro dell’azienda o dell’ufficio, senza più margini di investimento per il miglioramento della struttura organizzativa o dell’ambiente di lavoro.
Altro risvolto negativo è il progressivo esaurimento mentale a cui si arriva quando si accumula troppa mole di compiti senza un piano operativo chiaro e pianificato.
La troppa fiducia nei propri mezzi è sempre surrogata in qualche modo anche dai risultati raggiunti nel passato, ma a quale prezzo in termini di salute e di stress accumulato?
Il punto è questo: se abbiamo avuto successo con un certo metodo, continueremo a usarlo rimanendo nella nostra zona comfort, tra le nostre abitudini. Il problema è che questo modo di pensare va a discapito di un logorio che si trasporta negli anni e di cui ci accorgiamo solo quando ci viene presentato il conto.
A questo punto il famoso work – life balance diventa no life – only work. In questi casi spesso non realizziamo a pieno il peso del lavoro sulla propria vita. Non realizziamo di non avere vita privata o affettiva cui dedicarci, ma solo lavoro su lavoro, e crediamo che sia l’unica cosa che valga.
Per alcuni è una fuga da situazioni in cui non si sentono a loro agio o che non considerano basilari (famiglia, tempo libero, interessi etc.) e cercano un rifugio comodo in cui attaccarsi all’alibi del “non c’è nulla di più importante del lavoro”.
Ricordiamoci però che la fuga non è mai una buona strategia ma ci consente solo di rimandare di guardare in faccia la realtà: quella che ci dice che oberarsi solo di lavoro porta a un inaridimento della propria umanità.
È QUESTO CHE VUOI?
Arriviamo quindi al nocciolo della questione: è questo quello che vogliamo? Oberarci di lavoro e trascurare tutto il resto?
Se la tua risposta è no, ci sono alcune azioni che puoi intraprendere per migliorare la tua condizione di professionista e tentare di sbloccare finalmente la figura da solopreuner che oramai impersoni da tempo.
Per poter sapere se e cosa delegare, quali priorità individuare e seguire, ho creato una lista di pratiche. Le trovi dentro il mio kit delega, preparato appositamente per capire come partire con l’arte della delega. Al suo interno troverai:
- un mini tutorial per le analisi delle attività e per la gestione delle priorità
- Form con lista delle attività e matrice per analizzare le tue priorità
- Tracker delle nuove abitudini
- Form con lista delle attività da delegare
- Form con la lista delle attività da non fare
- Calcolatore per capire quanto tempo e soldi puoi guadagnare delegando
- Lista di esempi di attività che possono essere delegate
- Vademecum per prepararti a una delega efficace